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Take me deeper

19 Mag

AltonAlton Miller era il classico “best kept secret”, uno che prima di iniziare a pubblicare ha fatto il manovale della musica. Amico stretto di Derrick May incomincia a mettere dischi negli anni ’80 a Detroit, sull’onda dei primi moderni chicagoani. Alton è letteralmente stregato dal suono di Chicago, dalla soulfoul house newyorkese e dal philly-sound, è tutto ciò che Detroit non ha prodotto, è l’anima umana della musica dance a Detroit. Capite bene che, con queste credenziali, parlare di pesce fuor d’acqua è eufemistico, tuttavia è uno con due palle così e dopo aver fondato The Music Institute (il locale dove si esibirà stabilmente, per la breve durata del locale stesso, Derrick May e la cricca UR vedrà luce), si appassiona di percussioni: congas su tutto. African Suite e Fingers Inc hanno svalicato da poco e lui incomincia ad accompagnare il djing degli amici con il suo rullare paradisiaco. Per due anni va in giro a fare questo “giochino” fino a quando May non fonda la Transmat e lo assume nell’etichettacome tuttofare e turnista, il passo verso pubblicare qualcosa di proprio è brevissimo. Alton M è il nome sotto cui pubblica Pleasure Baby, autentico cult deep house, a pochi mesi di distanza il vero numero però è Dusk sotto lo pseudonimo Aphrodisiac (monicker che diventerà rapidamente leggenda per brevità di pubblicazioni) uno di quei dischi dentro cui senti tutto il sudore buttato in anni di farsi-il-culo, esagerato, fuori dagli schemi, drogato tanto quanto uno dei suoi prep party, stupendo.
Miller diventa presto una star dell’underground, lontano per le atmosfere dal poter passare al rango di superstar, si costruisce una reputazione ancora più solida se è possibile. It’s Gonna Be Alright butta giù deepness e garage, Blue Funk non te lo racconto nemmeno, Jazzin’ It Ep a metà anni ’90 smerda tutto quello che sarà firmato da Vikter Duplaix, poi impazzisce e gli viene un trip acido tribale di quelli che una volta nella vita:
Progressions è puro spettacolo soulful agitato, Speedy J che torna nella savana o Moritz Von Oswald che si fa una lampada vedete voi. Pubblica tutto la Guidance, che meriterebbe un’enciclopedia a sé.
A ruota esce Song Of The Drum, terna plastica in chiaro stile deep house pre-millennio con Africa ’99 a guidare la cavalleria (zona ultimi MAW, diciamo). D’ora in poi è tutta una goduria, nell’ordine: Sweet In The Morning, Deep Experience, Glory e finalmente dopo 15 anni di lavoro il primo LP, e non poteva essere che incredibile. Rhythm Exposed unisce qualcosa di uscito precedentemente a qualche inedito, il risultato è un’avventura nella profondità house, la bibbia di uno che ha dato tutto sé stesso in quello in cui crede.
L’uomo poi cambia, si concede pause rispetto ai suoi standard per poi tornare due anni dopo con un altro gran disco due anni dopo: Stories From Bohemia e da lì in poi il groove diventa sempre più dilatato, un misticismo sempre più smaccato il cui culmine è una pubblicazione (2005) nient’affatto strana per la house ma indicativa per uno che, da sempre, ha concesso nulla in fatto di dj tool: il vocal di Choose To Believe (registrato per Moodymann), in cui il nome della traccia lascia già trasparire la via presa da Miller. Prima traccia solo vocale, un take poco rappresentativo, e una b-side “my life” commovente.
Qualche uscita minore prelude ad un grande ritorno nel 2007 con Souls Like Mine, album di mestiere in senso nobile, appassionato e curato, non più figlio di quella irrefrenabile voglia di mostrare cosa potesse produrre Alton Miller, ma un disco in fin dei conti leggero, in pace con il mondo. Lo scorso anno pubblica Full Circle e In Flight, un mood sempre più vicino all’estasi e lontano dalle strobo ma che rimane house nella sua essenza più nobile.