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L’uomo nero

21 Set

Prima il dovere:
non ho capito affatto la scelta dell’organizzazione di dividere la sala principale in due parti, senza una vera e propria divisione, decidendo di montare un secondo palco + regia al centro del salone. Ciò ha comportato un effetto sardina per tutta la durata dell’esibizione di jeff mills con la solita gente di merda, presenzialista, stupida e bifolca, lì per esibire i propri rayban wayfarer colorati piuttosto che divertirsi con uno dei capi della detroit techno.
Perciò: organizzazione 5/10, pubblico hipster/10

Poi il piacere:
Radiq (jap) è un tizio di media statura che non sembra neanche troppo giapponese. Con la coda di cavallo da samurai di sto cazzo. Ableton techno, metti la cassa togli la cassa, gioca con gli effetti, sbadiglia. A casa.

Monolake

Monolake

Monolake (teteschia) ha fatto un live discutibile. Da un lato quei 45 minuti di roba tutta sua non ballabile, microvariazioni, bassi esplosi e malattia mentale diffusa. Molto più vicino al materiale di Polygon Cities piuttosto che ad una Alaska. Personalmente meraviglioso, quell’uomo ha uno schema a cui fa riferimento, se l’è scritto da solo e lo capisce solo lui fino a quando non arriva l’ultimo suono, rifondando ancora il concetto di scultura sonora nel tempo. Dopo questa prima parte si è lasciato andare a della sana technaccia berlinese come iddio comanda, con quell’incedere figlio di puttana a metà strada tra sé stesso e la roba BC. Poco apprezzato dalla stragrande maggioranza del pubblico che -precedendo Mills- si aspettava un set molto pià ballabile. Probabilmente le loro aspettative erano giuste, ma vuol dire anche che non conoscevano il soggetto in questione.

L'uomo nero

Jeff Mills

Jeff Mills è Jeff Mills (motor city). Non puoi scappare, non ti sorprende eppure sei basito comunque. Aldilà della sua freddezza,  degli ignoranti che gli rompevano il cazzo dalle prime file e di un evidente problema con la piastra di sinistra (a meno che non avesse un sacco di dischi rovinati, cosa che tendo a scartare) il suo è stato il dj set techno. Roba dritta senza sosta, quando ha preso il ritmo non c’è stato scampo, ha infilato suoi classici, roba di Beltram, classiconi della UR e anche diverse cose di quella Berlino che nei primi ’90 l’ha adottato idealmente. Ha suonato anche Phylyps Trak di Moritz & Mark. Soprattutto ha suonato una cosa dei Drexciya in una versione che probabilmente ha solo lui.
Di gente che mixa (con i cd o i dischi, astenersi computeromani) ne ho vista parecchia, si trattava soprattutto di dj techno che si rifanno molto ad uno stile moderno, preciso e fluido. Cercano di creare un flusso sonoro che porti l’ascoltatore con sé. Jeff Mills però suona Detroit Techno, ed è una musica che si presta poco a certe interpretazioni con attacchi bruschi, equalizzazioni da pazzi e una filosofia di fondo particolarmente punk. Tutto questo influisce in larghissima aprte sul modo di mettere i dischi e Mills ne è un brillante esempio con mix spesso tagliati, casse che cambiano di intensità, un certo menefreghismo per l’udito degli astanti (cosa che trovo meravigliosa) ed un uso malato dei loop.
Il momento migliori a circa metà dell’esibizione con una progressioni di acid techno tra phuture, dj pierre e hardcore you know the score da far sanguinare anche le gengive.

La piccola nota emo di una buona serata, con due grandissimi della techno inseriti forse un con troppa leggerezza in un contesto mal studiato: ho amato, amo e amerò per sempre Jeff Mills e ciò che rappresenta e non credo sia un caso mi sia commosso quando l’ho visto per la prima votla nella mia vita dietro le piastre.